Nella nostra cultura ci educano ad allontanarci dalla vecchiaia il più possibile. 
Quella fase della vita in cui il corpo ha un’energia diversa, il viso viene disegnato dal tempo e gli occhi vedono oltre. 

Questo avviene anche con la famiglia. Ci allontaniamo dai nostri anziani, li teniamo lontani così come tentiamo di fare con le rughe. 

Andiamo nel mondo credendo di essere separati dalla nostra famiglia, difendendo la nostra individualità e libertà “senza legami”, non rendendoci conto che è proprio quel senso di non appartenenza che ci sta ammalando e ci impedisce di fare un autentico e profondo contatto con il nostro sé spirituale.

Il senso di appartenenza è un bisogno primario eppure crediamo che questo sia per noi un limite. 

Non ci hanno educati a rispettare chi è nato prima di noi. Ci hanno anzi fatto credere di poterci sentire superiori a loro.

Non conosco presunzione più alta del mettersi al di sopra del proprio albero genealogico. 

Credere che loro abbiano sbagliato, che avrebbero dovuto fare diversamente, che non hanno capito, che per colpa loro io sono…

Fare la pace con il proprio albero significa poter tornare a casa.

Immaginatevi la piccola ghianda che si pone davanti alla sua quercia a dirle che ha sbagliato…

Una quercia è immensa e piena di saggezza, di storia, di cicatrici. Ha vissuto centinaia eventi, di umani, di cambiamenti.

Noi siamo i frutti del nostro albero genealogico e questo ci dà il compito di evolvere e trasformare la nostra storia. Ma questa possibilità ci viene donata dagli antenati. Da chi ha vissuto vite, morti, drammi, gioie e grandi imprese prima di noi. 

Nessun frutto fa nulla senza il permesso dell’albero. Abbiamo bisogno della benedizione dei nostri antenati per poter evolvere. 

Non si tratta di accettare né di perdonare ma solo di riconoscere la nostra storia.

Dare a ognuno dei nostri antenati un posto, vederli e riconoscere che le cose potevano solo andare così.

Che le loro storie non potevano essere diverse perché ogni essere umano fa ciò che può, fino a dove gli è possibile e con le risorse che ha.

Esattamente come stai facendo tu.

E anche quel poco che ci è stato donato, seppur doloroso e discutibile, è tutto ciò che abbiamo per poter trasformare la nostra storia e quella del nostro intero albero futuro.

Non è possibile ancorarci alla vita se crediamo di non avere radici. I tuoi avi sono con te dal tuo primo respiro. Non possiamo evolvere spiritualmente se siamo in conflitto con la vita che è pura manifestazione divina.

Fare la pace con il proprio albero significa poter tornare a casa.
E questa casa sei tu. Significa trovare la pace dentro. Perché tu sei anche il tuo albero e i tuoi avi vivono in te e in chi verrà dopo.  

Guardare la tua storia a cuore aperto, sentendo i limiti di chi non ha potuto o voluto fare diversamente.

Onorare la vita che ti hanno donato. 

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